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Prendersi cura di una persona anziana non significa soltanto assisterla nelle faccende quotidiane, nella vestizione e nell’alimentazione. Nella maggioranza dei casi l’assistenza richiede un approccio olistico ovvero ampio, omnicomprensivo, che si estende verso il benessere psicologico e sociale della persona.

In questo senso rileva particolarmente la definizione di “anziano fragile”: iscrivere o meno in questa categoria l’assistito significa infatti spostare il centro dell’attenzione da una lieve mancanza di autosufficienza (o dalla malattia particolare o singola condizione di disabilità di cui soffre la persona) al complesso di bisogni e necessità che ne caratterizzano l’esistenza quotidiana.

Una definizione di anziano fragile

Sono molti i fattori che contribuiscono alla definizione di anziano fragile. Secondo la letteratura scientifica la vulnerabilità degli anziani consiste nella mancanza di stabilità delle condizioni cliniche, naturalmente collegata ad un aumento nel rischio delle complicanze.

La fragilità non riguarda però soltanto le condizioni di salute ma ricomprende numerose problematiche di tipo socio-economico come la povertà, l’esclusione sociale, la solitudine. Elementi clinici, psicologici e sociali, insomma, confluiscono nel determinare lo stato di sofferenza e fragilità.

Possibili campanelli di allarme in una fase iniziale sono, in particolare un senso di affaticamento costante, una perdita di peso significativa, una riduzione della forza muscolare, un’aumentata incapacità di deambulazione, uno stato di apatia.

Invecchiamento e anziano fragile sono strettamente correlati perché l’età è un evento primario rispetto la vulnerabilità degli anziani.

La fragilità non va invece confusa con la disabilità, per quanto la prima conduce senz’altro alla seconda: per questo motivo l’anziano fragile richiede un modello di assistenza specifico sul quale, come tra poco vedremo, c’è ancora molto da lavorare a livello pubblico.

Vulnerabilità degli anziani, uno studio dimostra la correlazione con la minore aspettativa di vita

La vulnerabilità degli anziani è quindi uno “stato dinamico”, dovuto a cause e variabili di diversa natura:

  • condizione socio-ambientale inadeguata,
  • comorbilità severa,
  • alterata immunità,
  • infiammazioni croniche,
  • mancanza di autosufficienza,
  • riduzione delle riserve funzionali,
  • sedentarietà,
  • povertà,
  • depressione,
  • diminuita resistenza allo stress,
  • maggior rischio di malattia,
  • disabilità,
  • abuso di alcool e fumo,
  • rischio di ospedalizzazione alto.

Tutti questi fattori e molti altri sono stati presi in considerazione da uno studio diretto da Melissa Andrew e pubblicato sulla rivista scientifica open access PLoS One.

L’analisi è stata condotta su un gruppo di settantenni canadesi sottoposti a test autovalutativi. Diversi gli indici tenuti in considerazione, come gli handicap e gli altri disturbi fisici, le capacità comunicative, le occasioni di svago, la qualità delle relazioni sociali. Il risultato è stato che sia la vulnerabilità sociale che la fragilità fisica contribuiscono ad abbassare l’aspettativa di vita delle persone anziane, nella misura di 5 anni per ognuno degli elementi considerati parte della scala di vulnerabilità sociale.

L’esperimento ha quindi dimostrato senza ombra di dubbio che, quando ad uno stato di salute precario si somma il deperimento della vita sociale e del contesto ambientale, la mortalità aumenta sensibilmente. C’era probabilmente da aspettarselo, ma l’evidenza scientifica ha confermato l’ipotesi.

Assistenza più incisiva per gli anziani fragili in Italia: un obiettivo dichiarato ma non raggiunto

Noi italiani, d’altra parte, invecchiamo sempre di più: a causa del calo delle nascite e della migliore qualità della vita il nostro è un paese costituito in maggioranza da over 65. Di questi gli ultra ottantenni rappresentano più del 43%.

Il trend futuro va verso il rafforzamento di questi numeri perché, secondo i dati ISTAT, nel 2050 il 34% della popolazione sarà anziana. Non possiamo quindi ignorare né tacere l’importanza che costituisce nel nostro paese l’assistenza a sostegno degli anziani, le misure economiche di sostentamento della stessa, l’accompagnamento e le cure intermedie.

Per lo Stato si tratta di un costo spropositato, che necessiterebbe di aiuti da parte del walfare aziendale. Le Regioni possono autonomamente prevedere contributi economici o prestazioni a favore dei caregiver familiari e anche i Comuni possono intervenire con aiuti aggiuntivi. Alcuni esempi virtuosi sono, per esempio, quello della Toscana che ha attivato un voucher una tantum per il pagamento della badante e quello del Friuli Venezia Giulia: l’APA FVG ovvero l’Assegno per l’Autonomia del Friuli Venezia Giulia è un intervento economico di sostegno dell’accudimento a domicilio per persone in condizioni di grave non autosufficienza.

Alcune regioni italiane, insomma, investono più di altre nell’assistenza domiciliare agli anziani di tipo sanitario e/o sociale. Ma, nonostante alcune sporadiche iniziative, le politiche pubbliche di assistenza agli anziani sono troppo scarne per adattarsi ad un paese con le caratteristiche che abbiamo esposto ad introduzione di questo paragrafo.

Per esempio l’ADI, ovvero l’Assistenza Domiciliare Integrata che dovrebbe essere garantita dal Servizio sanitario nazionale su tutto il territorio si scontra poi, nella realtà dei fatti, con le disordinate logiche di gestione delle risorse delle ASL, non permettendo un incontro efficace tra domanda e offerta.

La direzione che si intende intraprendere sembra del tutto incerta perché manca una progettualità sia a livello statale (non essendo in agenda alcuna riforma nazionale), sia a livello regionale e comunale. A parte questo l’assetto attuale dell’assistenza pubblica tende a delegare la responsabilità organizzativa alle famiglie: l’offerta di servizi è bassissima e si preferisce erogare, a singhiozzo e tra mille difficoltà, un contributo economico. L’accesso al beneficio è però sempre più complicato non solo da una burocrazia farraginosa ma anche dal rispetto di requisiti sempre più stringenti.

Tutto questo si traduce in un impegno enorme per chi assiste all’invecchiamento di un proprio caro o si occupa di un anziano fragile e, come privati che affiancano le famiglie in questo gravoso compito, noi di Sant’Anna ne siamo ogni giorno testimoni.

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