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La pandemia ci ha trovato impreparati sotto molti aspetti ma tra le fragilità che ricorderemo sempre come più eclatanti c’è il caso delle RSA (Residenze Sanitarie Assistenziali) e delle Cra (Case di Residenza per Anziani).

Le strutture dedicate alla degenza a lungo termine di anziani non più autosufficienti e malati costituiscono nicchie del sistema assistenziale italiano nelle quali si va a guardare solo in occasione di inchieste e perquisizioni.

Stavolta lo scandalo ha portato alla luce negligenze ed irregolarità anche preesistenti all’emergenza coronavirus: oltre 40 fascicoli sono stati aperti da nord a sud, 104 residenze sanitarie tra le 601 controllate dai Nas non erano in regola e 157 persone sono già state denunciate.

Mentre i familiari delle vittime lombarde protestano di fronte al Pio Albergo Trivulzio e in Emilia Romagna si costituiscono comitati di “Verità e giustizia per operatori e pazienti”, c’è chi vuole riportare a casa i propri parenti anziani, alla ricerca di soluzioni più sicure.

Con un piglio provocatorio, Fabio Margilio, presidente dell’Associazione delle Strutture Socio Assistenziali Pugliesi, aveva ad aprile lanciato un grido di aiuto: “Veniteveli a riprendere!”, si leggeva in un documento ripreso dai giornali e dal web. Non una resa, probabilmente, ma una richiesta di attenzione che potrebbe dar frutti.

In attesa che si dia pieno riconoscimento al diritto alla salute e ad un’assistenza socio-sanitaria adeguata si pensa dunque al futuro più prossimo e le famiglie provano ad organizzarsi.

Nella prospettiva di accogliere nuovamente gli anziani in casa urge però dare risposta alle domande che affollano le caselle di posta di istituzioni, medici ed operatori del settore socio sanitario.

Noi di Sant’Anna riceviamo molte e-mail da parte delle famiglie dei nostri assistiti. Qualcuno si chiede come convincere un proprio parente anziano un po’ più inconsapevole ad indossare la mascherina, altri ci pongono questioni di respiro più ampio, in particolare sulle RSA.

Chiedersi se le RSA costituiscono ancora una risposta alle necessità dei nostri anziani è più che lecito secondo la responsabile della nostra cooperativa, Kristina Tatenko: “Questa preoccupazione è naturale e condivisibile. Credo che questo dibattito si sia acceso, proprio in questi giorni, in molte famiglie. Bisogna premettere che in alcune circostanze la casa di cura è davvero l’unica strada percorribile. Per la mia esperienza professionale però questo è vero solo in alcuni casi limite”.

Kristina Tatenko, presidente di Sant’Anna 1984

Nelle RSA vivono troppe persone, tutte con esigenze sanitarie ed assistenziali incompatibili con il distanziamento sociale. Già prima della crisi coronavirus i geriatri predicavano che il ricovero presso la casa di riposo va sempre evitato ove possibile, preferendo un’assistenza di tipo domiciliare, che non allontana la persona dai suoi riferimenti di vita, permettendole di continuare ad abitare la propria casa.

Secondo Kristina:“Ogni situazione va valutata attentamente, possibilmente con l’aiuto degli specialisti. Noi auspichiamo che a breve il governo si attivi affinché sia sostenuta, anche economicamente, la scelta delle famiglie che percepiscono l’assistenza domiciliare come la forma di sostegno più idonea per i propri cari”.

In Italia sono più di 7 milioni gli anziani oltre i 75 anni: fra loro quattro persone su dieci lamentano tre o più malattie croniche. La compresenza di più patologie è, appunto, uno dei discriminanti principali a proposito della libertà di movimento.

Alla luce di quanto indicato nel DPCM del 17 maggio, infatti, “È fatta espressa raccomandazione a tutte le persone anziane o affette da patologie croniche, con multimorbilità (secondo il Ministero della Salute “intercorrenza di due o più malattie o condizioni mediche nello stesso individuo”), ovvero con stati di immunodepressione congenita o acquisita, di evitare di uscire dalla propria abitazione o dimora fuori dai casi di stretta necessità”.

Il ritorno alla normalità potrebbe quindi essere ancora lontano per alcune categorie di persone più fragili. Eppure le loro necessità non possono essere ignorate, specie al culmine di un isolamento sociale così protratto nel tempo come quello che abbiamo appena vissuto.

Dal mantenimento delle proprie routine e dalla possibilità di coltivare i contatti con familiari e conoscenti gli anziani traggono un profondo senso di sicurezza e conforto.

 “Come ha sottolineato anche il presidente del consiglio Giuseppe Conte, questo passaggio alla fase 2 non è un liberi tutti, e questo vale in particolare per gli anziani”, dice ancora Kristina, alla quale abbiamo fatto pervenire alcune delle domande più frequenti.

Per le necessità quotidiane bisognerà provvedere in famiglia o rivolgersi ad un gruppo specializzato nell’assistenza domiciliare. La badante, infatti, non si occupa della sola assistenza sanitaria ma può recarsi fuori casa dell’assistito per sbrigare commissioni, acquistare farmaci, portare a passeggio il cane o fare la spesa.

Chi è ancora costretto in casa non deve però soffrire la privazione emotiva di tutto ciò che per lui o lei costituisce un punto di riferimento e un motivo di serenità quotidiana. I contatti sociali sono dunque possibili nel rispetto scrupoloso delle regole già note: in assenza di assembramenti, a distanza di sicurezza e indossando i dispositivi di protezione individuale.

In alternativa si può ricorrere alla tecnologia, assistendo i nostri cari nell’uso e nella comprensione di applicazioni come Skype o simili, cosa che si traduce anche in un’occasione per trascorrere del tempo insieme facendo qualcosa di diverso dal solito”.

Per chi gode di migliore salute, invece, le passeggiate non sono solo possibili, ma consigliate. Uscire di casa è ora possibile anche in assenza di una motivazione specifica.

Il movimento è fondamentale per gli anziani: è un toccasana per l’umore ma c’è molto altro, naturalmente. Basta citare quanto detto nei giorni scorsi da Raffaele Antonelli Incalzi, presidente della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG), che riporta un aumento dei decessi per infarto del 40% negli ultimi due mesi. Per le persone in età avanzata l’esercizio fisico è utile a rinforzare la muscolatura, abbassare la pressione e lo stress cardiovascolare.

È però superfluo aggiungere che le passeggiate vanno sempre fatte con l’uso dei meccanismi di protezione individuale.

In molti hanno inoltre segnalato che spesso sono proprio gli anziani a rifiutarsi di indossare le mascherine.

Alcune persone anziane non si sono rese pienamente conto della portata del problema, del dramma che abbiamo vissuto e stiamo vivendo. A volte questo significa che non comprendono il rischio derivante dall’esposizione sociale.

Bisogna saper trasmettere queste informazioni nel modo giusto e non è facile: non bisogna minimizzare ma nemmeno infondere sensazioni di ansia e timore per la propria vita, in particolare nei soggetti emotivamente più fragili” – aggiunge ancora la nostra responsabile. “L’uso della mascherina va incoraggiato e anche sostenuto attraverso la scelta guidata di quella più adatta e più confortevole per la persona. Per fortuna le opzioni a disposizione sono diverse”.

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